I termini “comune alta marea”, “comune marino” oppure semplicemente “comune” indicavano la quota con la quale confrontarsi, ad esempio, per impostare le fondazioni di un edificio a sei piedi (circa 210 centimetri) “sotto comune”, scavare l’aveo di un canale di cinque piedi (circa 175 centimetri) “sotto comune” oppure determinare il margine superiore delle fondamente a due piedi (circa 70 centimetri) “sopra comune”. Un riferimento di tale importanza fu per secoli affidato agli arbitrii dell’acqua e della luce del sole che rendevano questo segno, già per sua natura sfumato e impreciso, generalmente mutevole e discorde non solo in zone diverse della città , ma anche confrontandolo tra sponde opposte di un medesimo canale.
Verso la fine del diciassettesimo secolo, i magistrati al Piovego stabilirono che il comune marino fosse indelebilmente fissato mediante un tratto orizzontale sormontato da una “c” maiuscola, incisi sulla pietra viva della sponda.
Il tentativo di dare univocità alla quota del comune marino non ebbe comunque successo, almeno per quanto si può dedurre dalle attuali rilevazioni, che testimoniano una persistente e significativa discordanza reciproca tra i contrassegni rinvenuti. Una simile disomogeneità non può essere verosimilmente attribuita soltanto alla poca accuratezza con cui i segni vennero individuati e marcati; vi sono, infatti, pesanti tracce di successive manomissioni che hanno sconvolto le superfici di riferimento.
In tutto il centro storico sono stati individuati e quotati 111 segni. I dati forniti attestano l’odierna quota di riferimento (lo zero mareografico di Punta della Salute) a un livello di 40-45 centimetri inferiore rispetto al comune marino del diciottesimo secolo. Poiché l’attuale margine superiore della fascia verde sulle sponde dei canali dista 75-80 centimetri dallo zero mareografico, si può ritenere, con le debite approssimazioni, che in poco più di due secoli il livello delle acque, posto in relazione con l’altezza degli apparati spondali, sia risalito di 30-40 centimetri.